Durante un percorso di guarigione esistono ostacoli che non sono solo di natura fisica.
Pianetamicrobiota nasce da un sentimento di condivisione degli studi affrontati per risolvere un problema personale. All’inizio di questa storia come tantissime persone prima di me e come chissà quante dopo, provavo dei disagi, dei sintomi che mi torturavano. Nessun medico sapeva darmi delle soluzioni ai miei problemi, per questo è iniziato un percorso di crescita e studio personale. Ma oggi non sono qui per raccontare di questo ma per condividere un particolare della vicenda che sicuramente sarà utile a chi avrà la capacità di ammetterlo, poi di comprenderlo per andare finalmente oltre la propria condizione.
I miei problemi erano un misterioso “buco allo stomaco” (nei casi di minore intensità lo chiamavo “vuoto”) che mi impediva di dormire. Il problema in apparenza di poco conto in realtà mi teneva sveglio con tutte le conseguenze di chi non dorme. Sono arrivato a prendere sostanze potenti come sonniferi ma a poco servivano perché dopo un paio di ore mi alzavo con questo “buco”. La cosa allucinante del sintomo era che non si assopiva con il sonno come fa alle volte anche il dolore ben più acuto e invalidante. Questo racconto non vuole essere un piagnisteo o una condivisione di dolore ma è solo volto a cercare di far capire lo stato emotivo in cui mi trovavo e l’adattamento che ho dovuto avere come conseguenza per continuare a vivere. In parallelo ascoltate l’esperienza di questa signora (1) che durante la sua descrizione vi fa rendere conto con parole umili e molto semplici (ma per questo molto efficaci) di cosa significhi avere un disturbo recidivante a certi livelli. Ti cambia la vita.
Il tempo passa, gli studi continuano e le contromisure finalmente giungono a un punto in cui i miei problemi cominciano a essere un ricordo e non più uno stato di fatto.
In occasione di una visita al mio medico di famiglia (anche se poco utile dal punto di vista “classico” è stato un supporto vitale e indispensabile al mio percorso di guarigione in quanto mi ha accompagnato con pazienza e affetto nei miei studi e terapie personali dandomi, quando era il momento, il limite di me stesso) gli confessai un’ombra, che focalizzai con chiarezza in un momento del mio percorso durante il quale mi sono reso conto non è stato soltanto un percorso fisico ma anche psicologico (spirituale?). Era diverso tempo che non provavo più quei sintomi e richiamandoli alla memoria provai una sensazione di nostalgia. Oibò, come è possibile pensare alla propria malattia, ai sintomi e a quelle nottate passate sveglio sul divano (nel tentativo di far dormire almeno mia moglie), con un sentimento di nostalgia? Sono un mostro pensai, sono malato di masochismo o qualcosa di psicologicamente simile se ricordo con rimpianto malinconico i miei problemi, i miei dolori. Torniamo alla signora sopra citata e riguardate lo stesso video da questo punto (2) e notate come anche lei scherzando (pulcinella dice la verità ridendo) dica a proposito della sua cistite: “ma dové? …mi manca”.
Vi prego di focalizzarvi non tanto sui sintomi in sé o sui percorsi fisici intrapresi da me o dalla signora ma dal comune denominatore di origine psicologica: la nostalgia del nostro carnefice, dei nostri sintomi. Psicologicamente è una sorta di sindrome di Stoccolma in cui il soggetto si adatta alla situazione. Parallelamente a tale sindrome, efficacemente descritta e analizzata da altri, il punto da capire è che durante una malattia c’è una resistenza al cambiamento (quindi alla guarigione) indotto dall’omeostasi (o se volete dalla capacità adattativa della psiche alla nuova situazione). Superata tale resistenza (inconscia per carità!) si inizia la guarigione e a quel punto si prova la nostalgia.
Ho realizzato insomma, che in un punto indeterminato del mio percorso, non volevo cambiare (guarire) perché mi ero affezionato al mio stato “malato”. Solo dopo che ho provato nostalgia (guarendo ovviamente) ho potuto pian piano scardinare anche questo sentimento e trasformare oggi la nostalgia in distacco e con un sentimento di comprensione di come anche quella malattia mi sia servita per essere l’uomo che sono oggi.
Anche se sembra paradossale, quando vogliamo guarire, teniamo conto che ci sono delle ragioni inconsce per non farlo. Veramente vogliamo dimagrire per essere (ad es.) più attraenti? Poi la nostra vita cambierebbe e magari ci fa paura affrontare dei cambiamenti. Veramente vogliamo guarire dalla nostra malattia che ci inabilita? non avremmo più scuse per non fare certe cose.
Insomma non diamo per scontata la nostra volontà di guarigione perché probabilmente essa inizia proprio da un atto di volontà cosciente con il quale convinciamo il nostro inconscio a portarlo in un nuovo equilibrio. Portiamolo con affetto e pazienza dove vogliamo senza che ci costringa a rimanere dove non vogliamo e dove non c’è crescita.
In altre parole ancora la nostra zona di comfort è sempre quella attuale, anche da malati.
La malattia anche se sembra assurdo può essere un modo per evolvere, solo noi e nessun medico può trasformare questa opportunità in una realtà.